Senza l’uso di fonti di energia rinnovabili come il solare o l’idroelettrico, il costo dell’elettricità e del gas per le famiglie e le imprese in Italia aumenterebbe ancora più drammaticamente, nota la compagnia energetica ENEL. Oggi, per esempio, l’Italia genera il 50% del suo fabbisogno di elettricità con gas fossile e il 90% di questo combustibile è importato. Secondo Nicola Lanzetta, il direttore dell’ENEL responsabile del mercato italiano, in un’intervista all’agenzia di stampa ANSA, l’uso delle energie rinnovabili potrebbe contribuire significativamente ad abbassare le bollette dell’elettricità e del gas e “se non avessimo iniziato a sviluppare le energie rinnovabili dieci anni fa, l’aumento del prezzo che stiamo vivendo oggi per l’elettricità sarebbe ancora dal 10 al 15% più alto”. In dieci anni, senza dover fare miracoli, sarebbe possibile in Italia coprire il 70% della domanda elettrica nazionale con energie rinnovabili.
Comunità energetiche: una buona notizia
Un decreto legislativo con cui l’Italia ha adottato la direttiva UE 2018/2001 sull’incentivazione dell’uso delle energie rinnovabili (REDII) ha ampliato significativamente il campo di applicazione tecnica per le comunità energetiche. Fino ad ora, le comunità energetiche per l’auto-approvvigionamento di elettricità da fonti rinnovabili erano molto limitate sia in termini di portata che di rendimento dei propri impianti di produzione. Il nuovo decreto ha esteso la possibilità di unirsi dalle connessioni di una cosiddetta cabina secondaria alla clientela fornita da una cabina primaria. Questo permette a più persone di partecipare a una comunità energetica. L’elettricità deve essere trasportata dalle linee sovraregionali ad alta tensione alla rete di distribuzione locale a media o bassa tensione. Le cabine primarie sono il collegamento tra l’alta e la media tensione (tra 1 kV e 35 kV). Le cabine secondarie collegano la media e la bassa tensione (tensione nominale fino a 1 kV). Allo stesso tempo, il limite di potenza per gli impianti che forniscono comunità energetiche è stato aumentato da 200 kW a un MW.
Anche il numero di categorie di consumatori che possono unirsi ad una comunità energetica è stato ampliato: Oltre alle famiglie, alle autorità locali e alle piccole e medie imprese, anche le comunità religiose, l’intero settore dei servizi e gli istituti di ricerca possono ora partecipare alle comunità energetiche. Una comunità energetica può essere formata con un nuovo impianto costruito dopo il 15 dicembre 2021 o con un impianto esistente. In questo caso, però, la comunità energetica non può utilizzare più del 30 per cento della rispettiva produzione totale. Il nuovo decreto legislativo stabilisce anche che una comunità energetica può promuovere misure di domotica e di efficienza energetica e offrire servizi di ricarica per veicoli elettrici ai suoi membri.
UE: novità da Bruxelles
“Verde”, “sostenibile” o solo una “transizione”? Il 31 dicembre, la Commissione europea ha lanciato la procedura di consultazione sul regolamento giuridico della tassonomia e quindi sul ruolo delle centrali a gas e dell’energia nucleare nello scenario del Green Deal. Un testo di 60 pagine è stato inviato agli stati membri dell’UE via e-mail due ore (!) prima della fine dell’anno. La tassonomia dell’UE è destinata a mobilitare gli investimenti privati e a fornire una guida per i fondi d’investimento. La tassonomia elenca le tecnologie che dovrebbero permettere ai singoli stati dell’UE di “muoversi verso la neutralità climatica da posizioni di partenza molto diverse” nei prossimi 30 anni.
E secondo l’UE, questo include il gas naturale e l’energia nucleare. “Sulla base dei pareri scientifici e dello stato attuale del progresso tecnologico”, la Commissione UE sostiene nel suo documento di posizione che “il gas naturale e l’energia nucleare possono facilitare la transizione verso sistemi energetici a basse emissioni di carbonio e giocare un ruolo sulla strada verso un futuro basato prevalentemente sulle energie rinnovabili”. Con questa formulazione cauta, la Commissione classifica gli investimenti in centrali a gas e nucleari come “amiche del clima” – anche se solo a certe condizioni.
Per esempio, le nuove centrali a gas devono essere utilizzate nell’UE solo se non si produce abbastanza energia rinnovabile. Gli impianti, le cui emissioni non devono superare un certo valore per kWh, devono essere approvati entro la fine del 2030 e sostituire le vecchie centrali a carbone. Inoltre, dal 2035 potranno funzionare solo con “gas a basso contenuto di carbonio” come l’idrogeno, che, secondo un requisito dell’UE, emettono il 70% in meno di gas serra rispetto al gas naturale ordinario. I nuovi impianti nucleari devono – ovviamente – soddisfare i moderni standard tecnici. In questo caso, un permesso di costruzione deve essere ottenuto entro il 2045. Gli operatori sono anche obbligati a presentare piani concreti per il funzionamento di un impianto di smaltimento di rifiuti altamente radioattivi entro il 2050 (!). Ma: anche le estensioni di vita delle centrali nucleari esistenti possono essere finanziate tramite la tassonomia. Nel 2020, l’età media degli impianti francesi era già più di 35 anni.
C’è un altro modo: “Se c’è una cosa che questa crisi rende chiara, è che è il momento di espandere la produzione di energia rinnovabile dal sole e dal vento”, si legge in un commento sulla homepage della rete europea di cooperative di energia sostenibile REScoop.eu. Un elemento centrale di questa “transizione energetica” è l’impegno attivo delle persone interessate. Le comunità locali dovrebbero quindi essere autorizzate a costruire la propria produzione di energia “verde”. Gli Stati membri dell’UE sono quindi chiamati a rispettare i loro obblighi legali per promuovere le energie rinnovabili. Perché: “Se non vogliamo lasciare indietro nessuno nella transizione energetica, dobbiamo mettere i cittadini al centro.
La “Sustainable Finance Platform” – in Germania un importante organo consultivo nello sviluppo della tassonomia europea – può commentare i piani della Commissione solo fino al 21 gennaio, come possono fare organismi di esperti simili negli altri Stati membri dell’UE. La prima conclusione degli scienziati tedeschi: l’attuale progetto non è solo “greenwashing”, ma mette in pericolo la transizione verde in Europa.